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Nr. 10 - febbraio 2012

IL TRASPORTO DEI DISABILI.
PROFILI GIURIDICI PLURIORDINAMENTALI


SOMMARIO:
1. Considerazioni introduttive. Esigenza di organicità ed uniformità di regole -
2. Definizioni di disabile e di persona a mobilità ridotta nei testi normativi dei vari livelli ordinamentali -
3. Convenzione ONU del 2006 sui diritti delle persone con disabilità e Carta dei diritti fondamentali dell'U.E. Discriminazioni e multidiscriminazioni -
4. Normativa nazionale e proposte di nuove strutture organizzatorie -
5. Normativa di settore: trasporto aereo
6. segue: trasporto marittimo (in nota: le navi da crociera di nazionalità straniera e la sentenza della U.S. Supreme Court nel caso Douglas Spector)
7. segue: trasporto ferroviario
8. segue: trasporto per autobus
9. Conclusioni.


1. Durante i lavori del Convegno1 cui questo scritto si ricollega, è stata sottolineata più volte l'esigenza di un approccio pragmatico per la soluzione delle numerose questioni connesse con la vasta e multiforme tematica del trasporto dei disabili. Non posso che concordare su questa affermazione, anche come studioso di una disciplina giuridica di tipo "applicato", pur osservando che se per approccio pragmatico s'intende l'esigenza di affidare ad una verifica pratica la validità di una tesi, deve concludersi che si è in presenza di un criterio di procedere che sta alla base di ogni scienza, compresa ogni branca del diritto. Con particolare riferimento alle norme, caratterizzate essenzialmente - al loro sorgere - dall'astrattezza, la necessità della verifica pratica si traduce nell'individuazione in concreto (cioè nel periodo successivo all'entrata in vigore) della sussistenza dei requisiti di efficienza, efficacia ed economicità delle norme stesse. Lo stesso può sostenersi per tutti i provvedimenti amministrativi a carattere generale. In realtà, il controllo successivo al quale ho fatto cenno ha maggiori probabilità di risultati positivi, se già al momento della creazione della norma, qui intesa in senso lato, ci si è ispirati ai tre principi che ho già richiamato. Il che, in altre parole, significa tener conto, com'è evidente, del dato di comune esperienza relativamente alla problematica sulla quale s'intende intervenire, ma anche utilizzare consolidate elaborazioni teoriche. C'è bisogno di individuare regole e criteri generali comuni, soprattutto in campi come quello di cui in questo scritto ci si occupa, ove la normativa frammentaria e di dettaglio è molto frequente con il rischio di contraddizioni o di soluzioni applicative differenti, pur in presenza di fattispecie simili, con una sostanziale violazione del fondamentale principio di uguaglianza. È una malintesa e malpraticata attività teorica (cioè priva di punti di partenza dalla realtà i fenomenica) che conduce spesso a trascurare il circuito virtuoso tra "teoria" e approccio pragmatico. La creazione di principi fondamentali in tema di tutela dei disabili e più specificamente di chi per breve periodo o permanentemente si trovi in condizioni di mobilità ridotta viene a costituire una sorta di denominatore comune, di linee guida sia a fini ermeneutici delle normative esistenti sia per la creazione di un vero e proprio diritto uniforme di settore. L'esigenza è resa più forte dal fatto che alla materia sono interessati tutti e quattro i livelli ordinamentali: è in vigore la Convenzione internazionale dei diritti delle persone con disabilità2, il diritto dell'U.E. annovera vari regolamenti e direttive (in particolare, proprio nel settore del trasporto), il legislatore nazionale è impegnato ad integrare il regime vigente con più d'un disegno di legge e le Regioni, specie dopo la modifica dell'art. 117 della Costituzione, hanno competenze molto incidenti, ma intersecatesi con quelle statali. La ricerca di un diritto uniforme di base impone l'uso preliminare del metodo comparatistico che, sull'argomento, non riguarda soltanto il porre in parallelo le normative nazionali o regionali esistenti ma si estende, nell'ambito dello stesso ordinamento preso in considerazione, al confronto del regime delle quattro modalità di trasporto3. Ad esempio è noto che in tema di trasporto di disabili le norme comunitarie del settore aereo (e le correlate disposizioni attuative statali) presentano un quadro più completo suscettibile sotto vari profili di generalizzazione (mi riferisco, ancora esemplificando, all'apparato sanzionatorio). Aggiungo che l'esigenza di uniformità si estende anche al dettaglio quando, per ragioni facilmente intuibili, ci si occupa di normative tecniche (penso ai contrassegni di identificazione, alla segnaletica etc...).

1 Questo scritto, con modifiche ed aggiunte, costituisce il testo di una relazione svolta al Convegno Trasporto e disabilità: stato dell'arte in Friuli Venezia Giulia, organizzato a Udine, dall'A. N.M.I.C. e dall'Università degli studi di Udine, il 22 ottobre 2010.

2 V. DE AMICIS, La legge 3 marzo 2009 n. 18, ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità in Giur. merito 2009,10, 2375. La Convenzione, tra l'altro, sottolinea l'importanza di includere nelle politiche ordinarie i temi della disabilità come parte integrante delle strategie relative allo sviluppo sostenibile. L'Italia ha ratificato anche il protocollo opzionale che consente di rendere più efficace la tutela dei diritti previsti dalla Convenzione

3 Segnalo ad esempio, per l'ordinamento spagnolo, il Real Decreto del 23 novembre 2007 n.1544, perché il testo unisce in un solo quadro normativo le regole che consentono l'accesso senza discriminazioni dei disabili ai vari mezzi di trasporto. Per inciso osservo che le normative nazionali abbisognano, nella materia che qui ci occupa, di frequenti aggiornamenti specie quando contengono dettagli tecnici. Si deve tra l'altro tener conto dell'evoluzione del diritto dell'UE nel settore, alla luce dei principi del primato del diritto comunitario e di sussidiarietà. Suscitano, invece, frequenti problemi d'applicabilità ai trasporti marittimi quelle normative nazionali a carattere generale emanate con l'obiettivo di evitare discriminazioni a favore dei disabili, ove manchino disposizioni specifiche per tale modalità di trasporto alla cui disciplina, per vari aspetti, concorrono regole di diritto internazionale. Per gli U.S.A. l'Americans with Disabilities Act del 1990 (modificato dagli emendamenti del 2008, che però non incidono sostanzialmente su ciò che qui rileva) prevede, con il limite della readily achievable, l'eliminazione della barriere architettoniche costituenti discriminazioni in luoghi di public accommodation e in specified transportation services. Sul punto, v. U.S. Supreme Court 6 giugno 2005 in causa Douglas Spector ed altri c. Norwegian Cruise Line Ltd, con riferimento a due navi da crociera di nazionalità norvegese in servizio da e per porti degli Stati Uniti.

2. Dopo questa premessa non risulta per nulla secondaria la ricerca di una definizione giuridica di disabilità e di contigue espressioni quali menomazione handicap, mobilità ridotta e simili. Per l'importanza derivante dal primato del diritto internazionale, assume rilievo preminente l'art.1 comma secondo della già citata Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata dalle Nazioni Unite nel 2006 e già in vigore in Italia. Definizioni tratte da normative di livello ordinamentale più limitato possono ampliare i limiti concettuali ma non restringerli. La Convenzione accoglie implicitamente, con l'uso del verbo "includere", questo concetto di espansibilità eventualmente applicabile in normative a contenuto applicativo più ristretto (per finalità o limiti territoriali). Si legge, infatti: "Le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri". La Convenzione contiene, pertanto, un concetto di disabilità molto ampio ed al tempo stesso caratterizzato dalla relatività. L'ampiezza della definizione si coglie con il prendere in considerazione non soltanto le menomazioni fisiche, che si pongono in più diretto ed evidente rapporto con la mobilità dell'individuo e con l'uso del mezzo di trasporto, e quelle sensoriali (in particolare dell'udito e della vista). Viene incluso anche l'impairment di natura mentale o intellettuale con una diversificazione nei due aggettivi che conferma l'ampiezza concettuale cui ho fatto cenno.

Sulla base dell'International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICDH), la menomazione - permanente o transitoria, acquisita o congenita - è stata intesa come una perdita o anomalia,a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche. In nesso eziologico con essa, v'è una situazione di disabilità (cioè d'incapacità o di grave difficoltà a svolgere un'azione nei limiti consueti) e dunque di handicap, cioè di svantaggio esistenziale, per la vita di lavoro e di produzione del reddito e sotto il profilo delle acquisizioni culturali e delle relazioni sociali. Aggiungo che dopo l'ICDH, risalente nell'impianto originario al 1980, è sopraggiunta, ancora in sede O.M.S., una nuova classificazione denominata ICF -International Classification of Functioning, Disability and Health per la descrizione delle componenti della salute e degli stati ad essa correlati a fini clinici, statistici, di ricerca e di politiche di welfare4. Quest'ultima classificazione nel valutare la disabilità di una persona (con particolare riferimento alle concrete conseguenze) tiene conto, caso per caso, anche dell'incidenza dei fattori ambientali. Un intervento sull'individuo portatore di handicap (si pensi alle protesi) o sull'ambiente (eliminazione di barriere architettoniche, modificazione adeguate ai veicoli, speciale segnaletica etc.) pur non eliminando in radice le cause dell'impairment, attenua o elimina completamente l'handicap e consente, per ripetere le parole della Convenzione, la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata sulla base di eguaglianza con gli altri5.

Ancora una volta, attraverso una particolare sfaccettatura, riemerge la centralità del principio di eguaglianza in una visione per così dire dinamica. Per la collettività non si tratta di adempiere a semplici doveri assistenziali a titolo di solidarietà, ma dell'obbligo di porre in essere tutte quelle misure che, in concreto ed il più possibile, consentano al disabile di colmare lo svantaggio rispetto agli altri, muovendo dal presupposto della pari dignità di tutte le persone umane e - nello specifico - di garantire a tutti l'effettivo esercizio del diritto alla mobilità (cfr. art.16 Cost.)6. Sul piano comunitario e con attinenza all'argomento che qui viene esaminato, si riscontra nei vari regolamenti una sostanziale identità di definizioni. Le formulazioni prendono in considerazione la specifica problematica del trasporto, essendo inserite in provvedimenti che si occupano esclusivamente di questi servizi. Sotto questo profilo viene compiuta un'equiparazione delle espressioni "persona con disabilità" e "persona con mobilità ridotta", situazione che - come precisano le definizioni stesse - può trovare, in taluni casi, unica giustificazione nel naturale procedere dell'età. Rilevo che nel corpo delle definizioni è già contenuta la finalità degli atti normativi di riferimento con i relativi obblighi per raggiungere l'obiettivo: si legge infatti che trattasi di persone "la cui condizione richieda un'attenzione adeguata e un adattamento del servizio fornito a tutti i passeggeri per rispondere alle esigenze specifiche dell'interessato". Noto, infine, che nella definizione contenuta nel testo definitivo del regolamento 1177/2010 sui diritti dei passeggeri via mare (a modifica del reg. 2006/2004) scompare (a differenza della posizione comune del Parlamento europeo espressa in prima lettura) la menzione della "menomazione psicosociale" accanto a quelle fisiche e mentali in senso stretto, quale causa che può originare handicap e disabilità nell'uso del mezzo di trasporto7.

Osservo che la soppressione del riferimento espresso alla particolare condizione eziologica a carattere psicosociale - pur potendosi recuperare con il permanere dell'inciso "qualsiasi altra causa di disabilità" - non consente più una maggiore corrispondenza con la precisazione inserita nella Convenzione ONU del 2006, laddove accanto all' impairment mentale (strettamente inteso) si include l'impairment "intellettuale". Quanto alla normativa nazionale, già la legge n. 104 del 1992 - nella consapevolezza della forte correlazione tra determinate caratteristiche ambientali ed il permanere della svantaggio - insisteva, in sede di definizione di "persona handicappata" (ai fini del riconoscimento dei diritti, dell'assistenza e dell'integrazione sociale), non tanto sulla sussistenza della minorazione fisica, psichica o sensoriale, quanto sulle conseguenze. Si indicavano le situazioni da rimuovere, costituite da difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa quali cause di un "processo di svantaggio sociale o di emarginazione",cioè l'handicap nel significato più proprio del termine.

4 V. amplius, il sito dell'ISTAT www.disabilitaincifre.it

5 Sotto altro profilo gli interventi in favore dei disabili possono inserirsi nel quadro di realizzazione di una più completa "mobilità sostenibile".

6 Nel sito delle N.U. "enable" (www. un. org/disabilities) dedicato alle normative internazionali sulla materia ed ai relativi commenti e commissioni di studio e monitoraggio, si insiste molto sulla sintesi programmatica "full participation and equality".

7 Il testo definitivo intende per persona con disabilità o a mobilità ridotta qualsiasi persona la cui mobilità sia ridotta nell'uso del trasporto a causa di qualsiasi disabilità fisica (sensoriale o locomotoria, permanente o temporanea), di disabilità o minorazione mentale o di qualsiasi altra causa di disabilità o per ragioni d'età e la cui condizione richieda un'attenzione adeguata ed un adattamento del servizio fornito a tutti i passeggeri per rispondere alle esigenze specifiche di detta persona. Una definizione quasi identica è contenuta nel regolamento UE n.181/2011 sul trasporto effettuato con autobus (anche questo regolamento viene a modificare il reg. 2006/2004).

3. Nell'ambito dei quattro livelli ordinamentali, assumono una posizione preminente, per l'argomento che ci occupa, le fonti di diritto dell'Unione europea la cui produzione normativa si sviluppa in armonia con le linee tracciate dalla più volte citata Convenzione ONU del 2006:
a) assicurare la mobilità dei disabili con la maggiore indipendenza possibile;
b) agevolare l'accesso ad ausili per una mobilità di qualità con l'utilizzazione delle tecnologie appropriate, con personale specializzato e con un'adeguata formazione del disabile stesso, ai fini della diretta utilizzazione dei moderni strumenti tecnici;
c) incoraggiare la ricerca scientifica e tecnologica finalizzata a tali scopi.
L'Unione Europea (Consiglio e Commissione) ha emanato recentemente (15 dicembre 2010) un Codice di condotta per l'applicazione coordinata e la cooperazione sulle materie della Convenzione stessa. Occorre muovere dall'art. 26 della Carta dei diritti fondamentali del 2000, nel testo rielaborato nel 2007. Essa ha assunto valore giuridico vincolante con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona8. Tra le varie forme di discriminazione espressamente vietate, viene inclusa quella fondata sulla disabilità9. Su un piano generale, l'U.E. ha in corso d'esame una proposta di direttiva relativa all'applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente oltre che dalla religione o dalle convinzioni personali, anche dalla condizione di disabilità, come si precisa espressamente nel titolo della proposta. Opportunamente e con riferimento al testo, il Comitato economico sociale fa presente che il livello di protezione per eliminare le diseguaglianze derivanti dalla disabilità dovrebbe essere simile a quello previsto da altre direttive riguardanti la diversità di sesso e di razza. Viene apprezzata la previsione di considerare una discriminazione il fatto stesso che, in presenza di situazioni che possono generare concrete disparità di trattamento, non si cerchino soluzioni ragionevoli per superare l'handicap. Nel parere espresso dal Comitato economico e sociale in relazione alla proposta di direttiva, particolare attenzione viene poi dedicata alla c.d. discriminazione multipla . Sulla medesima proposta il Parlamento europeo con risoluzione legislativa del 2 aprile 2009 si è pronunciato per l'approvazione, formulando però numerosi emendamenti che rafforzano le finalità della proposta stessa. La "multidiscriminazione" trova una sua definizione rendendo più agevole la tutela consequenziale. Viene espressamente riconosciuto in termini generali(indipendentemente dagli specifici testi normativi riguardanti le singole tipologie di mezzi) il diritto all'accesso ai trasporti.

8 V. in argomento VENTURI, Effettività della tutela comunitaria contro la discriminazione diretta fondata sull'handicap ed estensione dell'ambito soggettivo della tutela: il caso Coleman in Dir. rel. ind. 2008,3,849.

9 L' esplicito riferimento alla disabilità non si rinviene nell'art. 3, 1° comma, della Costituzione sul principio di eguaglianza. E' da ritenere che l'omissione sia dovuta allo stato di evoluzione culturale dei tempi; tuttavia, la formulazione dell'art. 3 (e di altre norme costituzionali) consente un chiaro, anche se implicito, riferimento alla condizione di disabilità. Ciò emerge, tra l'altro, dall'affermazione del principio di pari dignità sociale di tutti i cittadini e del dovere della Repubblica di rimuovere ogni ostacolo che impedisca il pieno sviluppo della persona umana.

4. Nell'ambito della normativa nazionale, rimane attuale - compatibilmente con successivi provvedimenti legislativi - la già citata legge quadro n. 104 del 1992 sull'assistenza, l'integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate. Va peraltro tenuto presente che anche in sede di modifica dell'art. 117 Cost. viene stabilito che rimane nella competenza esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli minimi di assistenza relativamente ai diritti civili e sociali.
Nella legge quadro, rilevano specificamente gli artt. 26 e 27. Il primo, facendo riferimento ai doveri di Regioni e Comuni10, fissa l'obbligo di assicurare alle "persone handicappate" la possibilità di muoversi liberamente sul territorio usufruendo, alle stesse condizioni degli altri cittadini, dei servizi del trasporto collettivo o di servizi alternativi. Vengono previsti piani regionali di mobilità per i disabili e fonti di finanziamento per l'abbattimento delle barriere architettoniche. La norma successiva si occupa dei veicoli e dei relativi parcheggi e delle patenti delle persone handicappate. Un'altra legge quadro (n. 328 del 2000), in un ambito più generale (realizzazione di un sistema integrato d'interventi e servizi sociali), interessa la materia con particolare riferimento alla "prevenzione, eliminazione o riduzione delle condizioni di disabilità" ed in relazione, tra l'altro, alle competenze regionali sulla materia dei trasporti. Su questa base giuridica, spetta alle singole Regioni la programmazione il coordinamento e l'indirizzo degli interventi sociali in attuazione delle politiche integrate di settore. Va segnalato infine il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 167 del 6 luglio 2010 con il quale, in attuazione della legge n. 18/2009 (ratifica della Convenzione ONU del 2006 sui diritti delle persone con disabilità), viene istituito l'Osservatorio nazionale delle persone con disabilità con lo scopo di fornire un supporto tecnico scientifico per l'elaborazione delle politiche nazionali in materia di disabilità. Alcuni disegni di leggi, se approvati, potranno migliorare notevolmente il quadro normativo. Ci si riferisce in particolare alle proposte presentate in Senato sull'istituzione dell'Autorità garante per la tutela dei diritti delle persone con disabilità11, sull'istituzione dell'Agenzia nazionale per la disabilità12 e sull'istituzione di un Fondo per l'autonomia delle persone disabili13. Sul punto ritornerò più avanti.

10 Con particolare riferimento all'obbligo del comune di provvedere al servizio di trasporto dei disabili, v. Tar Sicilia (sez. I,Palermo)23 settembre 2002 n.2525. Per l'accessibilità dei taxi ai disabili v. legge 15 gennaio 1992 n.21; per le metropolitane, v. d.p.r. 503/96.

11 Disegno di legge n.333 comunicato alla Presidenza il 5 maggio 2008.

12 Disegno di legge n. 1926 comunicato alla Presidenza il 10 dicembre 2009.

13 Disegno di legge 1011 comunicato alla Presidenza il 9 settembre 2008. Su un piano molto più specifico, segnalo ancora un disegno di legge (Senato, n. 719) sulla realizzazione di attracchi temporanei per natanti da diporto riservati a persone disabili.

5. Ritornando alla normativa europea ma con specifica attinenza al trasporto ed al trasporto aereo in particolare, è essenziale richiamare - ancor prima della normativa comunitaria - la sez. 5 del doc. 30 dell' European Civil Aviation Conference (ECAC), che come organismo intergovernativo svolge un ruolo rilevante nell'armonizzazione delle politiche regionali di settore e per un sistema efficiente e sostenibile. La portata delle funzioni dell'ECAC si evidenzia anzitutto per lo stretto collegamento con l'ICAO ai fini della conformità di pratiche e normative dell'U.E. e degli Stati europei aderenti (anche non membri dell'Unione) rispetto alle regole ed alle raccomandazioni dell'ICAO stesso. Ciò viene reso possibile con un altrettanto stretto collegamento dell'ECAC con l'Unione , compresa l'EASA (European Aviation Safety Agency). In quest'ottica, il doc. 30 dell'ECAC nella parte in cui si occupa di "facilitation on the transport of persons with reduced mobility" richiama preliminarmente l'annesso 9 della Convenzione di Chicago del 1944. L'annesso (Chapter 8 of Annex) contiene due norme a carattere obbligatorio (standards) e quindici raccomandazioni rivolte agli Stati per assicurare ai disabili l'accessibilità alle strutture ed agli altri elementi della catena del trasporto aereo. Le pratiche raccomandate dell'annesso 9 prevedono che gli Stati contraenti, interalia, assicurino che le persone disabili, quando viaggiano, beneficino di un'assistenza speciale in modo da utilizzare gli stessi servizi di cui godono tutti gli altri utenti; che tutte le strutture ed apparecchiature relative al servizio dei viaggiatori in genere siano fruibili, dall'inizio alla fine, anche dalle persone con disabilità - particolarmente per menomati della vista o dell'udito - a cura di agenti di viaggio, compagnie aeree, gestori aeroportuali e gestori di servizi a terra; che il personale addetto all'assistenza abbia ricevuto uno speciale addestramento; che i punti di attesa riservati siano collocati in prossimità delle porte d'ingresso; che gli aeromobili abbiano sedili con braccioli mobili ed altri accorgimenti che facilitino i disabili; che se è richiesto un accompagnatore, sia concesso uno sconto sulle tariffe. In conformità all'annesso 9 dell'ICAO, l'ECAC, con il doc. 30 che ho più volte richiamato, ha provveduto a specificare nel dettaglio le categorie di persone che abbisognano di un'assistenza speciale indicando una classificazione uniforme delle disabilità articolata con dieci sigle secondo il tipo e grado di disabilità (la decima categoria è residuale: "passeggeri che abbisognano di speciale assistenza").

Il documento si sofferma espressamente sulla necessità di armonizzare i sistemi d'informazione e diffusione delle notizie, la formazione del personale addetto all'assistenza dei disabili, gli accessi e le aree riservate negli aeroporti, i parcheggi riservati, l'accessibilità per i disabili dei percorsi pedonali, la connessione facilitata tra accessi all'aeroporto e fermata dei mezzi di pubblico trasporto, le facilitazioni d'accesso a servizi igienici, ristoranti, negozi, casse; l'idoneità della segnaletica, 'assistenza adeguata durante le operazioni d'imbarco e sbarco e durante la permanenza a bordo degli aeromobili per i quali, a loro volta, sono previsti - secondo il numero dei posti - particolari caratteristiche dei sedili, servizi igienici con spazi adeguati etc. Le previsioni di dettagli si estendono ai cani-guida e ad altri aspetti dell'assistenza. Ulteriori dettagli sono contenuti in quattro annessi (linee guida e codici di condotta). Il regolamento comunitario n. 1107 del 2006 costituisce la fonte normativa centrale dell'intera materia, precisando (art.1.5) che ogni qualvolta le disposizioni del regolamento sono in conflitto con le disposizioni della direttiva 96/67CE (sui servizi di assistenza a terra negli aeroporti) esse prevalgono sulle disposizioni del regolamento stesso (evidentemente non s'è ritenuta sufficiente la semplice applicabilità del principio dell'ius superveniens, prevenendo eventuali dubbi sulle diversità e priorità degli interessi da proteggere). Il regolamento - sulla base delle competenze e del potere impositivo diretto con efficacia sul territorio dei ventisette Paesi aderenti - traduce in specifiche norme cogenti quanto in precedenti atti degli organismi cui s'è fatto cenno costituiva o un generico obbligo per gli Stati di provvedere con disposizioni adeguate o una semplice raccomandazione (il documento 30 dell'ECAC è espressamente richiamato nel decimo considerando). Tra i ventuno "considerando", ve ne sono alcuni che si collegano ai principi generali in tema di diritti dei disabili con particolare riguardo al trasporto. Si tratta, anzitutto, della riaffermazione del principio per il quale le persone disabili o comunque a mobilità ridotta hanno gli stessi diritti di tutti gli altri cittadini alla libera circolazione, alla libertà di scelta e alla non discriminazione. Soltanto giustificati motivi di sicurezza previsti dalla legge (o cause di forza maggiore date dalle dimensioni dell'aeromobile o dai portelloni) possono giustificare il rifiuto del trasporto. Il successivo considerando precisa peraltro che l'espresso riconoscimento di particolari diritti per i disabili non preclude che gli stessi possano far valere quei diritti riconosciuti per tutti gli utenti del trasporto aereo evitando naturalmente il bis in idem (ad esempio e proprio per il negato imbarco, v. reg. C.E. n. 261 del 2004).

Altro considerando pone in evidenza l'importanza di un servizio centralizzato per l'assistenza ai disabili, sottolineando la responsabilità del gestore aeroportuale e la necessità che i costi del servizio vengano proporzionalmente ripartiti tra i vettori, senza oneri supplementari per il disabile e con una gestione trasparente che assicuri l'effettiva destinazione dei fondi riscossi. L'esigenza di sanzioni efficaci, proporzionali e dissuasive - compreso un eventuale "indennizzo" all'interessato - viene posta in rilievo dal diciottesimo considerando. L'articolato del regolamento, rispecchia, ovviamente, e dettaglia quanto nelle suesposte premesse e nel più volte citato documento 30 dell'ECAC. Tra l'altro, vengono indicate analiticamente le procedure per le richieste di assistenza, le modalità di presentazione per la registrazione in aeroporto e la conseguente effettiva assistenza. L'art. 13 stabilisce espressamente che gli obblighi nei confronti delle persone a mobilità ridotta stabiliti nel regolamento non sono soggetti a limitazioni o deroghe. Per i voli in partenza da territori extracomunitari, il regolamento(con particolare riferimento al divieto di rifiutare il trasporto ed all'assistenza) obbliga soltanto i vettori comunitari (art. 1.3). In campo nazionale, si raccordano direttamente al reg. 1107/2006: il decreto legislativo 24 febbraio 2009 n. 24, che contiene la disciplina sanzionatoria14, e la circolare ENAC 8 luglio 2008 n. GEN-02 che contiene due allegati (il primo dedicato agli standards di qualità del servizio di assistenza dei passeggeri disabili e comunque di quelli con mobilità ridotta; il secondo riguardante la formazione specifica del personale addetto)15. Quanto alle sanzioni, il d. lgs. n. 24/2009 individua nell'ENAC l'organismo responsabile dell'accertamento e per le irrogazioni delle sanzioni amministrative delle violazioni delle disposizioni contenute nel regolamento comunitario, facendo salvo, in linea generale e quale norma di chiusura, quanto previsto dall'art. 1174 cod. nav. sull'inosservanza delle norme di polizia emanate dall'autorità competente in materia di aeroporti e fatti salvi altresì i casi in cui il fatto non costituisca reato. Seguono le previsioni delle sanzioni per negata prenotazione, negato imbarco, violazione degli obblighi d'informazione, mancata designazione dei punti di arrivo e partenza delle persone disabili o con mobilità ridotta, mancato adempimento degli obblighi di formazione del personale, mancata assistenza da parte dei vettori aerei. Le entrate provenienti dall'applicazione delle sanzioni vengono devolute ad un fondo speciale per le iniziative di ricerca e di informazione a favore dei passeggeri disabili o PRM. Quanto alla circolare ENAC, essa si sofferma soprattutto sulla determinazione e le caratteristiche degli indicatori di qualità del servizio (per esempio il tempo d'attesa per ricevere assistenza, il numero delle informazioni etc.). L'altra circolare richiama l'attenzione dei gestori aeroportuali, dei vettori e delle imprese che concretamente forniscono i servizi di assistenza ai disabili collegati con il trasporto aereo in merito all'opportunità di avvalersi, nelle fasi di progettazione o di attuazione dei corsi di specifica formazione professionale, della collaborazione e/o partecipazione di quelle realtà del privato sociale che hanno specifiche finalità e competenze in materia di disabilità. Viene poi indicato un modello analitico di programma di formazione.

14 Sono fattispecie sanzionabili: il rifiuto di prenotazione, il rifiuto d'imbarco, il diniego di rimborso o di volo alternativo, la mancata designazione in modo chiaro dei punti di partenza e di arrivo delle persone con disabilità o mobilità ridotta. Altre sanzioni riguardano, tra l'altro, il rifiuto d'imbarco di apparecchi medici e dispositivi di mobilità malgrado preavviso e malgrado l'imbarco risulti compatibile con la normativa di sicurezza e le caratteristiche dell'aeromobile.

Sull'argomento, v. VERNA, Abbattimento delle barriere ed assistenza adeguata tra i compiti previsti per gestori di aeroporti e per vettori, in Guida dir., 2009, fasc.17, 22.

15 V. anche D.M. 24 luglio 2007 107/T.

6. Per il settore marittimo il recente regolamento sui diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne n.1177/2010 - il cui testo definitivo è stato emanato al momento della revisione di questo scritto (con entrata in vigore nel dicembre 2012) - pone finalmente i disabili trasportati per nave in una condizione di tutela giuridica raffrontabile con quella da tempo prevista per il trasporto aereo. Viene precisato inoltre (quarto considerando) che la parità di trattamento deve riguardare in linea generale non soltanto i servizi di trasporto in senso stretto ma anche i servizi delle crociere16. In aggiunta alla disciplina dei diritti di tutti i passeggeri (trasporto alternativo o rimborso in caso di cancellazione, compensazione economica in caso di ritardo, adeguate informazioni delle modalità di trattamento dei reclami17), un intero capo viene dedicato ad ulteriori diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta. I nove articoli che lo compongono (capo II, dall'art 7 all'art. 15)) si ispirano al principio di non discriminazione tra passeggeri enunciato all'art. 1 dello stesso regolamento. Il rifiuto di accettare una prenotazione, emettere o fornire altrimenti un biglietto o imbarcare una persona con disabilità o mobilità ridotta è consentito solo per i motivi di sicurezza previsti dalle normative o dalle autorità competenti o solo se per la struttura della nave e delle infrastrutture l'imbarco non sia possibile in condizioni di sicurezza (per inciso, richiamo l'art. 4 ter del d. lgs. n.45 del 2000 sui requisiti di sicurezza per le persone a mobilità ridotta, nel testo modificato dal d.lgs. n.52 del 200518, a sua volta emanato in attuazione della direttiva n.2003/2419). In caso d'impossibilità d'imbarco. il passeggero ha diritto al rimborso (con viaggio di ritorno se l'impossibilità si verifica nella tratta intermedia) ed all'eventuale trasporto alternativo. Se il viaggiatore disabile o con mobilità ridotta necessita di un accompagnatore, quest'ultimo è trasportato gratuitamente. Le altre norme disciplinano l'accessibilità all'informazione sulle prenotazioni, sulle condizioni di trasporto e sugli orari oltre al diritto all'assistenza nei porti ed all'interno delle navi. L'attenzione del legislatore è rivolta inoltre alla specifica formazione degli addetti. Qualora risultino danneggiate le attrezzature per la mobilità (carrozzelle, etc...), il vettore e l'operatore del terminale hanno - oltre all'obbligo del risarcimento se vi è colpa - anche l'obbligo di fornire un'attrezzatura temporaneamente sostitutiva. In precedenza, l'art.4 del reg. (CE) n. 392 del 2009 relativo alla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare in caso d'incidente, aveva testualmente disposto che "in caso di perdita o di danni ad ausili alla mobilità o ad altre apparecchiature specifiche utilizzate da un passeggero a mobilità ridotta, la responsabilità del vettore è disciplinata dall'art. 3 della Convenzione di Atene. La presunzione di colpa del vettore è limitata alle ipotesi in cui i danni siano causati da incidente marittimo, come definito dalla Convenzione stessa, la quale, nel testo consolidato con il Protocollo del 2002, è parte integrante del regolamento comunitario. L'elenco comprende il naufragio, il capovolgimento, la collisione, l'incaglio, l'esplosione, l'incendio a bordo ed il difetto della nave. Il risarcimento corrisponde al valore di sostituzione dell'apparecchio in questione o, se del caso, al costo di riparazione.

16 In tema d'imbarco, sbarco e permanenza di passeggeri disabili in navi da crociera, v. la già citata sentenza U.S. Supreme Court 6 giugno 2005 , Douglas Spector. c. Norwegian Cruise L. ltd e la nota di SALAMONE, Barriere architettoniche e navi da crociera: brevi riflessioni ed ivi richiamato SYMEONIDES, Cruising in American waters: Spector, maritime conflicts and choice of law, in 37 Journal of maritime law and commerce, 2006, 491. In primo grado i giudici si erano pronunciati per l'applicabilità dell'ADA (Americans with Disabilities Act) anche alle navi da crociera di nazionalità straniera, precisando però che in concreto la domanda attrice non poteva essere accolta mancando norme regolamentari sull'abbattimento delle "barriere architettoniche" nelle navi per favorire la mobilità dei disabili. In secondo grado era stato espresso l'avviso che le leggi generali non sono applicabili alle navi battenti bandiera straniera salvo un'espressa precisazione in tal senso. La Supreme Court , infine, ha condiviso la tesi di massima circa l'applicabilità dell'ADA a tali navi , pur riconoscendo che la legge in questione non menziona espressamente le navi, nazionali o straniere che siano. Ciò nel presupposto che le espressioni del legislatore americano "public accommodation" e "specified public transport " potessero riferirsi implicitamente anche al tra - sporto marittimo con finalità di crociera. L'estensione alle navi straniere viene motivata con il fatto che esse"forniscono alloggio ad un gran numero di persone residenti negli Stati Uniti , in partenza e con destinazione a porti degli Stati Uniti". La Supreme Court ha precisato poi che se è vero che le leggi generali (general statues) sono applicabili ad attività che si svolgono a bordo di navi di nazionalità straniera nel territorio degli U.S.A. (acque territoriali comprese) ove siano in gioco interessi dello Stato o dei suoi cittadini, tale principio tuttavia trova un limite tutte le volte in cui le fattispecie riguardino l'ordine interno e la disciplina a bordo, anziché "la pace nel porto". E tuttavia la S.C. preso atto che l'ADA impone l'abolizione delle barriere architettoniche solo se le modifiche siano "readily achievable", ha ritenuto inesistente questa condizione "se la rimozione comporta modifiche strutturali significative a navi di nazionalità straniera ovvero interferisce con la sicurezza a bordo e con il rispetto della SOLAS". Pur non essendo la sede per un' ulteriore nota di commento, osservo - in aggiunta a quanto già rilevato (infra nota2) - che il principio affermato dalla Supreme Court, prescindendo in modo non del tutto convincente dall'assenza nell'ADA di un esplicito richiamo al "veicolo nave", In realtà viene ridimensionato notevolmente dalla Corte stessa attraverso un' ampia e logica interpretazione dell'espressione "readily achievable". Infatti, nel concetto di significative difficoltà nella realizzazione di modifiche vengono incluse quelle difficoltà di ordine giuridico che, con particolare riferimento alle navi straniere, derivano dall'osservanza delle norme internazionali ed in particolare della SOLAS. Nelle acque soggette alla sovranità di altri Stati, la regola della vigenza della legge della bandiera a bordo di una nave può essere disapplicata soltanto se il fatto oggetto di disciplina esula dagli "internal affairs" della nave stessa e si ripercuote nell'ambiente esterno e quindi nella comunità territoriale (in senso conforme, v. tra gli altri RIGHETTI, Trattato di diritto marittimo p.I,t.1, Milano 1987, 303 ed ivi richiamato LEANZA, Sulla condizione giuridica delle navi private nel diritto internazionale, in Riv.dir.nav.1964,I, 154). Va da sé che tali ripercussioni, oltre ad essere significative, devono riguardare principalmente il fattore fondamentale della sicurezza pur inteso in ogni suo aspetto compreso quello economico generale, sanitario, dell'incolumità dei cittadini e dell'integrità del patrimonio etc In quest'ottica non sembra rientrare l'ipotesi di "navi da crociera di nazionalità straniera che forniscono alloggio a un grande numero di persone residenti negli Stati Uniti , in partenza da e con destinazione a porti degli Stati Uniti". Paradossalmente e con riferimento proprio alla sicurezza, l'Autorità marittima potrebbe esercitare un potere opposto di tipo inibitorio, cioè il divieto d'imbarco di disabili ove la nave non risulti attrezzata per la loro sicurezza (mentre, in termini di diritto premiale sono ovviamente apprezzabili tutte quelle iniziative delle pubbliche autorità che incentivino, con o senza regimi convenzionali, le attività di compagnie armatoriali di navi straniere che favoriscano i disabili con adeguate strutture e servizi, al di là degli stretti obblighi internazionali.

17 Il capo III del regolamento 1177/2010 (obblighi del vettore e degli operatori dei termi - nali di trasporto nei confronti di tutti passeggeri in caso di cancellazione o ritardo) contiene - a complemento della disciplina specifica dedicata ai disabili di cui al capo II - ulteriori norme per i disabili stessi, per quanto riguarda particolari modi d'informazione e di assistenza connessi con tali eventualità.

18 Le modifiche riguardano particolarmente la previsione di attrezzature che consentano agevolmente l'accesso ai porti, l'imbarco e lo sbarco di passeggeri a mobilità ridotta ed inoltre, cartelli indicatori e segnali d'allarme che tengano conto dei passeggeri ciechi e sordomuti, servizi igienici idonei per chi ha difficoltà soprattutto motorie e corridoi sufficientemente ampi per il passaggio di sedie a rotelle. In relazione a d.lgs n,52 del 2005 è stata emanata la circolare del Ministero dei trasporti n.10 del 4 gennaio 2007.con direttive per l'applicazione degli orientamenti sui requisiti di sicurezza delle navi da passeggeri per le persone a mobilità ridotta (PMR), ove si richiama anche la circolare del Maritime Safety Committee n.735 del 24 giugno 1996, relativa alle linee guida per la progettazione e gestione di navi da passeggeri al fine di rispondere alle esigenze delle persone disabili.

19 La direttiva 2003/24/CE ha modificato la direttiva 98/18 relativa a disposizioni e norme di sicurezza per le navi passeggeri; quest'ultima non prestava ancora adeguata attenzione alle problematiche connesse con il trasporto dei disabili. La dir.2003/24 fornisce la definizione di persona a mobilità ridotta, includendovi le persone che abbiano una particolare difficoltà nell'uso dei trasporti pubblici, " gli anziani, i disabili, le persone con disturbi sensoriali, le gestanti e chi accompagna i bambini piccoli".

7. Per il trasporto ferroviario, la normativa comunitaria provvede con modalità analoghe al trasporto marittimo, inserendo cioè nella più generale disciplina dei diritti ed obblighi dei passeggeri di cui al regolamento n. 1371 del 2007 un intero capo (artt. 19-25) dedicato alle persone con disabilità ed alle persone con mobilità ridotta. Le norme d'accesso non discriminatorie verranno stabilite nel dettaglio con la partecipazione delle organizzazioni che rappresentano la specifica utenza interessata. Nessun costo aggiuntivo potrà gravare sul biglietto che riguardi i disabili e le persone a mobilità ridotta. Le altre norme riguardano le modalità delle informazioni, l'accessibilità (alle stazioni, alle banchine, al materiale rotabile ed agli altri servizi), l'assistenza nelle stazioni ferroviarie ed a bordo, il risarcimento in presenza di responsabilità per danneggiamento delle attrezzature specifiche utilizzate dal disabile. Va notato che per tale forma di risarcimento la norma prevede espressamente l'assenza di limite monetario. La richiesta di specifica assistenza dovrà essere presentata con almeno 48 ore di anticipo all'impresa ferroviaria, al gestore della stazione, al venditore dei biglietti o al tour operator da cui è stato acquistato il biglietto. Qualora il biglietto consenta viaggi multipli, è necessaria una sola richiesta. La medesima norma, ben opportunamente, stabilisce che in mancanza della richiesta di specifica assistenza comunicata ne termini indicati, l'impresa ferroviaria ed il gestore della stazione debbono "compiere ugualmente ogni sforzo ragionevole per fornire l'assistenza necessaria alla persona con disabilità o a mobilità ridotta per poter viaggiare"20. Nell'ordinamento nazionale - e con riguardo all'intreccio di competenze tra Stato e Regioni, reso ancora più complesso dall'attuale formulazione dell'art. 117 della Costituzione (più volte richiamato in questo scritto) - ritengo particolarmente significativa una sentenza della Corte costituzionale (30 aprile 2009 n. 12421), la quale pur riguardando il trasporto ferroviario riafferma un principio di più generale portata nella materia che ci occupa. La Corte ha ritenuto costituzionalmente illegittima una norma statale (art. 2. comma 474 della legge n. 244 del 2007) nella parte in cui non prevede che il "decreto ministeriale di concerto" per la disciplina delle modalità di funzionamento del fondo per la mobilità dei disabili sia adottato previa intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni. Infatti, se da un lato il trasporto pubblico non locale (ivi compreso quello a mezzo ferrovia) è di competenza dello Stato, dall'altro si verte in tema di servizi sociali attribuibili alla competenza delle Regioni secondo il criterio della residualità22. Da qui l'importanza del principio di leale collaborazione23.

20 La misura del rafforzamento dei diritti dei disabili in relazione al trasporto per ferrovia emerge efficacemente, almeno in relazione alla normativa del nostro Paese, da un raffronto riguardante le tutele esistenti poco meno di un quindicennio fa; v. in proposito Trib Roma 23 maggio 1997 (ord.) in Nuova giur. comm., 1998, fasc.2, 257 con nota di VENCHIARUTTI (Il lungo viaggio verso i diritti...) ed in Foro it. 1997, fasc.9, 2672 con nota di PALMIERI (Circa l'accesso dei disabili ai treni).

21 Tra le note di commento, v. BOUJEKA, La mobilitè de personnes handicapées dans l'Union européenn, in Revue de droit sanitaire et social, 2010, 73; WADDINGTON, Judgement of the European Court of Justice in casi in Maastricht Journal of European and Comparative Law, 2010, 91.

22 Per l'inclusione dei servizi ai disabili nella nozione di servizi sociosanitari, v. Tar Abruzzo, L'Aquila sez. I , 24 luglio 2010 n.551.

23 In linea esemplificativa si citano gli interventi finanziari delle Regioni e degli Enti locali per il trasporto scolastico dei minori disabili, per l'acquisto e l'adattamento di veicoli, per agevolazioni tariffarie nei trasporti, per l'esenzione dal pagamento del bollo auto in presenza di handicap grave.

8. Il quadro normativo comunitario viene completato con il regolamento sui diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus. Anche questo testo ha completato il suo iter durante la revisione di questo scritto, essendo stato emanato il 16 febbraio 2011 (n. 181). L'intendimento è stato quello di garantire un livello di protezione comparabile a quello offerto con gli altri modi di trasporto con particolare riferimento, per l'argomento che qui rileva, alla non discriminazione ed all'assistenza obbligatoria nei confronti delle persone con disabilità o mobilità ridotta . V'è un intero capo (il terzo) dedicato ai diritti delle persone con disabilità o a mobilità ridotta (artt. 9-18), analogamente ai regolamenti nei settore marittimo ed in quello ferroviario (per l'aeronautico, come rilevato, s'è preferito dedicare al trasporto dei disabili un intero testo normativo). L'analogia di disciplina si estende ai contenuti riproducendo in linea generale quella di altri settori ed in particolare di quello ferroviario.

Gli Stati membri designano le stazioni di autobus nelle quali è fornita l'assistenza alle persone con disabilità o mobilità ridotta. La Commissione dovrà rendere disponibile su internet l'elenco delle stazioni designate. In particolare l'assistenza, secondo l'allegato 1 del regolamento renderà possibile, a seguito di comunicazione e richiesta nei punti designati, lo spostamento al banco d'accettazione, alla sala d'aspetto ed alla zona d'imbarco, la salita a bordo, la sistemazione e recupero del bagaglio, la discesa dal veicolo, la presenza di una cane a bordo purché sia riconosciuto "d'assistenza", la sistemazione nel posto a sedere. Anche il dovere di assistenza a bordo degli autobus è oggetto di ampia specificazione (salire e scendere durante le pause di un viaggio; se è disponibile a bordo altro personale oltre al conducente; ottenere le informazioni essenziali relative al viaggio in formati accessibili). La normativa entrerà in vigore il 1° marzo 2013. Il regolamento n. 181/2011 si applicherà interamente per viaggi non inferiori a 250 chilometri. Per viaggi di lunghezza inferiore saranno applicabili soltanto le disposizioni indicate nell'art. 4.1, mentre altre restrizioni sono previste per i servizi occasionali. Il ristretto campo di applicazione del regime comunitario in materia di trasporti con autobus, rende particolarmente notevole la disciplina integratrice dettata a livello nazionale e regionale con particolare riferimento a ciò che costituisce il trasporto pubblico locale. In particolare la nuova formulazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione ha rafforzato le competenze delle Regioni e dei Comuni. Per le funzioni amministrative si muove dal principio generale che esse spettano ai Comuni e che l'attribuzione ad altri enti territoriali di una serie di competenze debba trovare giustificazione, per determinate materie, solo dall'esigenza di un esercizio unitario delle competenze stesse. Indipendentemente da puntuali obblighi normativi, gli enti locali hanno dunque ampie possibilità d'intervento (fatte salve le disponibilità finanziarie), tanto più che l'art. 118 Cost. fa salvo il principio di sussidiarietà. Le facilitazioni per i disabili e le persone a mobilità ridotta potranno ampliarsi in sede di attuazione dell'art. 23 bis della legge n. 133 del 2008 (e successiva modifica) mediante l'inserimento di apposite previsioni nel contratto di servizio stipulato con il gestore del trasporto pubblico locale e di riflesso nella Carta dei servizi del passeggero. La norma prevede, a quest'ultimo proposito, l'intervento di rappresentanti delle associazioni dei consumatori per una più soddisfacente formulazione della "Carta "stessa. Ritengo che debba prevedersi espressamente la presenza dei rappresentanti delle associazioni dei disabili per la specificità delle esigenze di cui sono portatrici. In tema di legislazione nazionale comparata nell'ambito dei Paesi UE, è interessante una recente sentenza della Corte di giustizia dell'Unione (1° ottobre 2009 in causa C-103/2008) pronunciata a seguito di un procedimento pendente davanti alla competente Autorità austriaca. La questione verteva sull'interpretazione dell'art. 12 del Trattato istitutivo della CE il quale prevede che "nel campo di applicazione del Trattato e senza pregiudizio di disposizioni particolari dello stesso, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità".

Il quesito posto verteva sulla eventuale non conformità di una norma austriaca che limita il rilascio gratuito di un contrassegno annuale per un veicolo - con finalità di utilizzazione su strade nazionali - ai soli portatori di handicap aventi il proprio domicilio o il proprio luogo di residenza nel territorio dello Stato (la mancanza di tale requisito in un cittadino della Germania che utilizzava un'autostrada austriaca senza aver pagato il pedaggio e con conseguente applicazione di una sanzione, era stata all'origine della controversia). A parità di condizione di disabilità, era stato violato dal legislatore austriaco il principio di non discriminazione? La Corte di giustizia ha dato risposta negativa, ma leggendo la motivazione la conclusione, sfavorevole per i disabili circa la questione giuridica particolare legata alla fattispecie, costituisce invece riaffermazione in termini generali del principio di non discriminazione. In altre parole, la Corte ha affermato che la norma nazionale in questione non crea una disparità di trattamento tra portatori di handicap di diversa nazionalità ma tra semplici residenti (e domiciliati) e persone occasionalmente presenti nello Stato. Ciò, secondo la Corte, non è contrario al Trattato, dovendosi tener conto del fine della norma nazionale presa in esame, fine che si individua nel favorire, anche sotto il profilo economico (esonero dal pedaggio), l' integrazione dei disabili nella società nazionale. A diverse conclusioni si dovrebbe pervenire, invece, tutte le volte in cui la differenziazione (di nazionalità, ma anche di semplice residenza comunale) alla base della concessione o del diniego di "benefici" per i disabili sia prevista pur in presenza di identiche finalità che con il "beneficio" s'intendono facilitare. Si pensi ad una riserva di posteggi davanti l'ingresso di un museo soltanto in favore di visitatori disabili muniti di contrassegno rilasciato ai residenti nello Stato, senza la previsione di riconoscimento di analoghi contrassegni, rilasciati da corrispondenti Autorità di altri Paesi dell'Unione in favore dei propri residenti. La violazione del già richiamato art. 12 del Trattato in questo caso mi sembrerebbe evidente.

9. Ogni normativa, per trovare effettiva ed efficace applicazione, deve inserirsi in un contesto culturale e sociale pronto ad accettare i nuovi doveri, collettivi ed individuali, che si impongono a fronte di nuovi diritti che vengono riconosciuti. Sotto questo profilo ed in relazione alla tematica che qui si tratta, può affermarsi che, nel nostro Paese, tanta strada è stata percorsa (si pensi a quando si riteneva che certe disabilità - e non soltanto quelle relative a condizioni psichiche - dovessero comportare ipso iure l'inabilitazione, fatta salva un'espressa e contraria dichiarazione del tribunale (v. l'art. 340 cod. civ. del 1865 a fronte della diversa e forse anch'essa ancora inadeguata formulazione del vigente art. 415 cod. civ.). Molta strada tuttavia è ancora da percorrere anche ai fini del mantenimento ed accrescimento dell'humus culturale cui ho fatto cenno. Una sempre più affinata definizione di disabile - che evidenzi la relatività della condizione, anche in rapporto al contesto ambientale (non mi riferisco soltanto alle barriere costituite da obsolete infrastrutture e mezzi di locomozione) - favorisce l'intera evoluzione del quadro normativo. Ad esempio, l'associazione, ormai frequente in tanti provvedimenti, della condizione di disabile con quella di persona con mobilità ridotta fa comprendere meglio che, al di là di astratti sentimenti di solidarietà sociale, è conveniente per tutti disporre di un soddisfacente apparato di protezione sociale soprattutto con riferimento alla mobilità.

Per ogni cittadino, è da ritenersi, infatti, statisticamente molto più elevato il numero di probabilità di trovarsi in situazioni di "disabilità temporanea" rispetto alla "disabilità permanente" (quest'ultima, peraltro, con i progressi delle scienze e delle tecnologie tende a restringersi sul piano dell'irreversibilità e comunque sul piano dell'impossibilità di eliminare o ridurre notevolmente l'handicap). Più in generale, l'apparato normativo riguardante i disabili migliorerà a misura in cui la solidarietà venga realmente ritenuta elemento essenziale e fondante di ogni comunità di consociati con le conseguenze giuridiche che ne derivano. E ciò a prescindere da tutte quelle determinate situazioni in cui il soddisfacimento delle esigenze del disabile trova un sicuro fondamento costituzionale. Intimamente correlato a questo convincimento è il principio di non discriminazione che nella materia è da ritenersi ormai teoricamente consolidato, come è già emerso, soprattutto richiamando i regolamenti dell'UE sulle varie modalità di trasporto. Nel dettaglio, il principio può trovare innumerevoli applicazioni: dal divieto di maggiorazione del biglietto per il trasporto dei disabili compresi i casi in cui è necessario un accompagnatore, a quello di evitare, per quanto possibile, che tali trasporti si svolgano con mezzi speciali (con o senza specifica chiamata), impedendo l'integrazione con il resto della comunità viaggiante24.

Ancora nel quadro del principio di non discriminazione s'è avuta occasione di rilevare, richiamando i regolamenti comunitari che disciplinano le varie modalità del trasporto di passeggeri, che un vettore e un agente di viaggio non possono rifiutarsi di accettare una prenotazione, emettere o fornire altrimenti un biglietto o imbarcare una persona unicamente per motivi di disabilità o mobilità ridotta (le eccezioni riguardano unicamente l'obbligo di osservanza delle regole sulla sicurezza e, ovviamente la materiale impossibilità di eseguire la prestazione per le caratteristiche del mezzo o delle infrastrutture; in quest'ultimo caso esiste l'obbligo di eventuali offerte alternative). Nel nostro ordinamento nazionale, l'obbligatorietà del trasporto dei disabili discende, tra l'altro, dalla regola di base prevista per tutti gli utenti di tutti i servizi di linea dall'art. 1679 cod. civ. Va precisato che la carenza di strutture e mezzi di trasporto idonei per i disabili, quando invece sono imposti da normative vigenti, non può costituire causa legittima di esonero dall'obbligo legale a contrarre o ad adempiere la prestazione del trasporto; anche perché l'obbligazione del vettore può essere eseguita, fatti salvi espressi divieti e limitazioni, ricorrendo all'attività di altra impresa (subtrasporto). Ne deriva il diritto alla richiesta di risarcimento danni per inadempimento (ivi compresi quelli c.d. non patrimoniali, di solito particolarmente significativi, considerati gli specifici disagi derivanti dalla disabilità25). Analogo diritto potrà essere vantato dal disabile a titolo di inesatto adempimento, quando malgrado tali carenze di strutture, attrezzature o assistenza, il trasporto sia avvenuto ma con notevoli disagi o ulteriori spese a carico dell'interessato. Il problema del miglioramento della mobilità dei disabili si supera più agevolmente attraverso una sorta di "internalizzazione" della soluzione. Quanto alle infrastrutture ed ai mezzi di locomozione, il progettista deve già nella fase di progettazione ed ideazione tener presente che le costruzioni dovranno essere utilizzabili anche da chi è in condizione permanente o temporanea di disabilità in applicazione del c.d. "principio della progettazione per tutti". In tal senso esistono già normative vincolanti, ma esse abbisognano, a mio avviso, di maggiore estensione dei limiti di applicazione e forse di una abbreviazione su alcune date riguardanti l'effettivo inizio dell'applicazione stessa relativamente ad alcune fattispecie.

Ciò, peraltro, potrebbe essere compensato da maggiori aiuti finanziari pubblici26). Quanto al personale, la formazione specifica minima per l'assistenza ai disabili dovrebbe (ove ancora non accada) entrare a far parte del programma generalizzato di base del personale operativo e non essere limitata a poche categorie di addetti al compito specifico. Va riconosciuto che una certa tendenza in tal senso si rinviene nei più recenti regolamenti (v. art. 14, lett. b, reg. 1177/2010 per navigazione marittima e fluviale ove l'obbligo, insieme a quello dell'aggiornamento, è stabilito per il personale responsabile della prenotazione e vendita di biglietti o dell'imbarco e sbarco, compreso il personale alle dipendenze di altre parti di fatto; v. art. 16 reg. 181/2011, che però contiene una deroga temporale di cinque anni per l'obbligo formativo dei conducenti d'autobus). La complessità della materia, la sua considerevole rilevanza perchè si verte in materia di diritti fondamentali della persona con notevoli riflessi socioeconomici, la continua evoluzione del quadro normativo e pluriordinamentale rende necessaria l'istituzione di una "Agenzia nazionale per la disabilità" come proposto, del resto, in un disegno di legge d'iniziativa parlamentare presentato in Senato alla fine del 2009 e già richiamato in questo scritto. Questo tipo di struttura organizzatoria sembra preferibile a quella dell'Autorità garante (oggetto di altro disegno di legge). Una struttura agenziale, insieme a poteri regolatori, ispettivi e di vigilanza e controllo - che pur andrebbero riconosciuti, armonizzandoli con le competenze proprie degli organi statali esistenti e degli enti territoriali - eserciterebbe funzioni tecnico operative, consultive e d'impulso facilitate dalla sua prevista articolazione territoriale27. Sarebbero, tra l'altro, di competenza dell'Agenzia la preparazione del Piano nazionale per l'uguaglianza del cittadino disabile; la preparazione delle linee guida che definiscano i livelli essenziali di qualità dei servizi per le persone in condizione di disabilità, la promozione ed eventualmente l'eventuale realizzazione di progetti riguardante la formazione professionale di settore. Il disegno di legge prevede che l'Agenzia promuova il rispetto del diritti umani delle persone disabili in ogni settore della società. Il coinvolgimento in maniera diretta delle persone in condizione di disabilità e delle loro associazioni nel monitoraggio della tutela dei diritti è espressamente previsto nell'articolato del progetto di legge.

24 Va da sé che resta fermo il principio che impone di assicurare altrimenti la mobilità del disabile laddove l'utilizzazione del normale mezzo pubblico non sia possibile (v. per tale obbligo gravante sui comuni, art.26.2 della legge n.104 del 1992).

25 Sull'argomento, più in generale, v. VIRGADAMO, La tutela risarcitoria del danno non patrimoniale patito dai disabili, in Giust.civ., 2008, 7-8,263.

26 V. il settimo "considerando" del reg. UE 1177/2010: "Nella progettazione di porti e terminali nuovi, come pure in occasione di lavori di ristrutturazione profonda, gli organi responsabili dovrebbero tener conto delle esigenze delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta, in particolare per quanto concerne l'accessibilità, prestando particolare attenzione alle esigenze che discendono dal principio della progettazione per tutti. I vettori dovrebbero tener conto di tali esigenze in sede di progettazione e di ammodernamen - to delle navi passeggeri , in conformità alla direttiva 2006/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna e della direttiva 2009/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 maggio 2009, relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per i passeggeri.

27 Un esempio di organismo analogo già operante in altro Paese dell'U.E., v., con particolare riferimento al trasporto, il DPTAC-Disabled Persons Transport Advisory Committee, un independent body che opera in stretta collaborazione con le autorità governative del Regno Unito.

Guido Camarda
Già ordinario di diritto della navigazione, Università degli Studi di Palermo.